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Storia, Mito e Rivoluzione, l’unica speranza possibile

di W. Fete

Nella lotta politica contemporanea divisa tra mondialisti e sovranisti, che ha confuso, modificato e riformulato la vecchia divisione progressisti e conservatori, gli slogan, principi e le dichiarazioni svuotano l’effettiva realtà e le ricette obbligatorie per far risorgere l’Italia moralmente, patriotticamente e   civilmente dopo decenni di sconquasso. Appurato che le forze decadenti, le quali hanno governato l’Italia negli ultimi 24 anni, in un finto bipolarismo corretto da governi tecnici, sostenuti principalmente dalle casate di centro destra, centro sinistra e centro, hanno fallito miserabilmente in ogni contesto, da quello economico a quello politico, si confermano ore nuove forze, autoproclamatosi rivoluzionarie capaci di cavalcare camaleonticamente la società liquida priva di ogni riferimento, certezza o cardine, votata al mero presente senza slanci futuri o memorie passate.

In questo contesto, inutile descriverlo, ai più è conosciuto, chi ora detiene la maggioranza popolare e si fregia di essere sovranista in quanto dalla sua ha i numeri democratici e come fede la supremazia della propria Patria sulle altre, nel nome dell’interesse nazionale e della sopravvivenza della nostra civiltà così in pericolo, ha davvero la forza per imprimere quella svolta riformatrice, ovviamente non in senso trasformistico e clientelare, al quale, purtroppo, la sacra parola riforma è stata dai fatti storici associata e cannibalizzata. Riforme che devono giocare a tutto campo da quelle politiche, sociali, economiche e costituzionali, fino ad arrivare a quelle culturali, intendendo come cultura tutto ciò che esalta il nostro patrimonio lasciato da millenni gloriosi di cui ancora, quasi impropriamente, ci fregiamo. Lo Stato ha il compito improrogabile di tornare ad essere il mecenate per eccellenza, esaltando la nostra storia e tradizione, anche in maniera narcisistica, istruendo un Popolo che ormai da popolino, ricorda con spirito di revanscismo provinciale giusto qualche finale dei Mondiali, un piatto culinario o l’eterna lotta di quale paese ha i servizi igienici più completi. Come fossero dei vessilli da mostrare il nostro patrimonio storico deve essere diffuso come sacro tra i più giovani, esaltata la religione della Patria e del suo Risorgimento, senza dar addito a revisionismi oscurantisti, che condannano la nostra gloriosa indipendenza ad un fatto storico meramente accaduto. Bisogna dar  vita al nazionalismo della popolazione, che va propagandato tramite il mito popolare, lontano dal nazionalismo da bar, corrotto in maniera liberale, usato da una destra che neanche poco tempo fa lo nascondeva nel nome del progresso, spegnendo fiamme che ormai si erano già spente da sole.

I governanti hanno il compito di lustrare i luoghi immensi di bellezza storica, dove il patrimonio spirituale supera di gran lunga quello economico e non cedere il nostro passato a privati che nel nome del turismo e del soldo trasformano i luoghi archeologici, storici e d’arte in bazar a cielo aperto dove si sente l’odore del business e non l’ossatura divina di un popolo che è diventato nazione. Vanno riscoperti i nostri miti, i nostri eroi, i volontari che combatterono gli Asburgo e i rimasugli del potere frammentario che divideva l’Italia, osannare come semi-dei i soldati che nelle trincee attendevano il segnale per combattere alla baionetta, riconoscere i meriti politici di chi rimase fedele all’interventismo Nazionale dopo la beffa della vittoria mutilata, ricordare chi è morto per l’unità nazionale, ucciso da cosche troppo presenti in tutti i settori della nostra Nazione. I modi, i tempi e le caratteristiche di questa unica Rivoluzione possibile in Italia la sapranno meglio i nostri governanti, al momento interessati a fare dell’Italia una povera vittima del malgoverno europeo, troppo lontani ancora dall’indole di quegli eroi che ci hanno reso protagonisti della Storia del vecchio Continente, in un più ampio discorso di civiltà millenaria in grado di sopravvivere solo in questa maniera. Il compito è arduo e possibile solo se calato dall’alto. Dovranno essere loro a formare una Nazione pronta ad essere artefice del proprio Destino e soprattutto pronta ad essere responsabile e fiera della nostra storia. Ci vorrà molto tempo ma è l’unica speranza prima di sparire nella liquidità di una società, condannata a rimanere tale anche con l’epopea sovranista se questa non si sbriga a uscire dalla schiera di tifoserie, iniziando finalmente a mettere radici.

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